lunedì 12 maggio 2014

Terrorismo Monetario

Oggi voglio rispondere punto per punto a questo articolo dell'Espresso. E' solo uno dei tanti articoli sulla "catastrofe" annunciata da coloro che sono a favore del mantenimento dell'euro come moneta "a qualsiasi costo". So che forse parlerò al vento, ma su questa storia anche una goccia del mare è importante.

Allora iniziamo dal titolo e sottotitolo dell'articolo: 

"Cosa succede se torna la lira: tutti i rischi di dire no all'euro: Prezzi alle stelle. Mutui triplicati. Inflazione senza freni. Dazi e meno soldi in tasca. Se l'Italia dovesse davvero uscire dalla moneta unica gli esperti prevedono uno scenario da incubo"

COMMENTO:
Aggiungerei anche rane dal cielo, invasione di locuste, pioggia di fuoco e orde di orchi da Mordor (come minimo). Ma chi sarebbero questi esperti? Porto pure io i miei, posso? Allora io gioco Nuriel Roubini, Paul Krugman e Alberto Bagnai (solo per citarne alcuni). I primi due sono premi Nobel, che dicono che così come è, l'euro è una stronzata. L'ultimo e' uno che ha prodotto così tanto materiale sul fatto che l'euro è una stronzata (materiale MAI smentito da nessuno con altri FATTI, ma solo con le chiacchiere) che quantomeno andrebbe preso in considerazione. Possono partecipare? Lo so che competere con personaggi come il presidente dei "piccoli" di Confindustria non è facile, ma ognuno fa ciò che può! 



TESTO: "«E' uno scenario al quale non voglio credere, perché assisteremmo a un crollo dei consumi e ci troveremmo in un clima di economia di guerra», dice Giorgio Santambrogio, direttore generale di Interdis, il gruppo distributivo con oltre 1.600 supermercati, supermercatini e cash&carry (tra cui Sidis, Dimeglio, Etè e Migross). «Sarebbe una catastrofe, proprio adesso che tantissimi investitori internazionali stanno puntando sull’Italia. »" 

COMMENTO:
Signor Santambrogio, ma sono sicuro che lei vuole l'euro. Per quelli ai quali i capitali che girano con facilità semplificano il business, l’euro è una pacchia. E' davvero terribile, non  compreranno da Voi ed andranno al supermercato sotto casa. Oppure dovrete ridurre i margini, una bella seccatura! Ma poi davvero gli investitori internazionali stanno venendo qui per l'euro? Io invece credo che i capitali stiano arrivando in Italia perchè gli investitori stanno scommettendo su una uscita dall'euro o una rinegoziazione dei trattati. Senno perchè diamine porterebbero i loro soldi in un paese che è praticamente in recessione (l'inflazione è allo 0.6%), le aziende se ne vanno e la disoccupazione aumenta? Infine, potete mettere delle formule di matematica dietro a tutte queste catastrofi? Io già ho messo il raddoppio dei prezzi di borsa come nel ’92, quando siamo usciti dalle SME, e si dicevano le stesse cose. Adesso tocca a Voi! 



TESTO: “La mia società compra la materia prima, come la soia, in Francia e in Canada. Se dovrò pagarla in lire mi costerà parecchio di più, e l’aumento si mangerà tutto il vantaggio di una ipotetica svalutazione della nuova moneta», spiega Lorenzo Sassoli de Bianchi, patron della Valsoia e presidente dell’Upa, l’associazione degli utenti pubblicitari. «Mamma mia, speriamo proprio che non succeda! La lira perderà valore, da un minimo del 20 a un massimo del 40 per cento, le famiglie ridurranno la mole dei loro “acquisti ripetuti”,  quelli tipici del largo consumo, e non escludo che nel mio settore, quello della birra, qualche concorrente  estero decida di abbandonare il mercato,  com’è accaduto in Grecia», sostiene Alberto Frausin,  amministratore delegato di Carslberg Italia. Manager e imprenditori del Bel Paese, a larghissima maggioranza, non vedono niente di buono in un’eventuale uscita dell’Italia dall’euro.” 

COMMENTO:
Ma davvero? Fatemi capire bene: il primo dice che andrebbe in parità, però avremmo più esportazione e lavoro, quindi non vedo il problema. Il secondo pensa che un microbirrificio italiano si dispererebbe. Io credo che se fosse furbo, manterrebbe gli stessi prezzi, mentre la multinazionale avrebbe più difficoltà perché va già a comprare orzo in posti lontani dove meno non può pagarlo. Inoltre In 1 litro di birra ci sono circa 2 centesimi di euro di malto di costo – e non credo che il 40% di 2 centesimi rovinerebbe la Carlsberg. Poi un momento, c'e' la paura che qualche concorrente estero vada via, come è accaduto in Grecia? Ma la Grecia non è mai uscita dall’euro! O mi sono perso qualcosa? Appunto sono andati via, perchè è un paese al collasso! 



TESTO: "Un argomento che, con l’avvicinarsi delle elezioni per il Parlamento europeo, viene agitato con sempre maggior vigore dalle forze politiche di opposizione. Dopo i risultati del voto amministrativo in Francia, gli attacchi all’euro del Movimento 5 stelle, di Forza Italia e della Lega Nord sono decisamente saliti di tono. Costringendo anche chi considera assurdo l’abbandono della moneta comune a ipotizzarne gli impatti sul proprio business. E a incrociare le dita con sempre maggior convinzione." 

COMMENTO:
”Assurdo” è una opinione tutta Vostra. 



TESTO: CROLLA IL MATTONE. Anche la casa, un fronte che sembrerebbe distante dalla guerra delle valute, è destinata a soffrire di brutto se facciamo “ciao ciao” all’euro. I tassi sui prestiti per acquistare un alloggio,  che oggi viaggiano mediamente poco sopra il 5 per cento, triplicherebbero in un batter d’occhio. A patto di trovare qualcuno che te li presti, i quattrini da piazzare su un tavolo, quello del mercato immobiliare, destinato a traballare, con sensibili cali su quotazioni già duramente stressate da anni di crisi. «Le banche italiane, una volta fuori dal circuito dell’euro, non avrebbero più accesso ai capitali, se non a prezzi impossibili. E l’erogazione dei mutui, già faticosa da tempo, crollerebbe», prevede Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.it. Rincara la dose Daniele Mancini, amministratore delegato di Casa.it, il più importante sito di annunci online, che fa capo al gruppo del magnate australiano Rupert Murdoch: «Giro il mondo per lavoro e studiando il mercato immobiliare e l’economia del Sudamerica sono sempre più convinto che essere nell’euro è un punto di forza. Uscendo,  al valore delle case succederebbe l’opposto di quanto accadde alla nascita dell’euro: un appartamento  quotato 500 mila euro, dal giorno dopo sarebbe valutato 500 milioni di lire». 

COMMENTO:
La svalutazione creerebbe più posti di lavoro, ed è il reddito che garantisce l’erogazione di un mutuo, non un tasso basso. Infatti oggi anche col tasso fisso a meno del 5% se non porti le buste paga alla banca il mutuo non te lo danno. Te lo dice uno che ha chiesto di garantire un mutuo con un’ipoteca del doppio del valore del prestito, e non gli è stato concesso. I miei genitori si sono fatti la casa con i tassi al 10%, perché lavoravano. Io invece, me la pijo an der c..o se non la pago in contanti! I quattrini ci saranno. Se la Banca d’Italia ricomincia a immettere liquidità, perché non dovrebbero esserci? Sul valore nulla da eccepire, è chiaro che sarebbe un investimento in perdita. Voi dimenticate però, che le persone normali vogliono casa per viverci, non necessariamente per investire. 



TESTO: ONDATE DI RICORSI. Le conseguenze di un addio sarebbero nefaste pure per Giorgio Boggero, amministratore delegato di Cloetta Italia, azienda dolciaria che controlla i marchi Saila, Dietorelle, Sperlari, Galatina, Pasticca del Re Sole: «Vedo già l’esercito davanti alle banche, mentre la gente fa la coda per ritirare i propri soldi prima dell’inesorabile e clamorosa svalutazione della nuova lira, insomma le stesse scene vissute in Argentina. L’Italia ha un saldo positivo tra export e import, indipendentemente dall’euro. Ma è importatrice netta di materie prime, è un Paese trasformatore. La gomma arabica per produrre le nostre caramelle, per esempio, noi l’acquistiamo in Sudan e la paghiamo in dollari. E dall’estero arrivano l’amido e, in parte, liquirizia, cioccolato e frutta secca. Se i prezzi s’impennano, e metto in conto pure l’inevitabile incremento della bolletta energetica, produrre ci costerebbe molto di più e non ci sarebbero molte alternative: o chiudiamo, o ribaltiamo sul consumatore gli aumenti dei costi, mentre la gente tira la cinghia e quindi riduce gli acquisti d’impulso, come quelli delle caramelle», sottolinea Boggero, che guida un gruppo con quattro stabilimenti e 470 addetti italiani (di cui 330 in fabbrica). 

COMMENTO:
Se aumentano i costi delle importazioni, il calo del costo del lavoro (che è la voce maggiore di solito nei costi) lo compenserebbe. Prima dell’euro, facevamo le stesse cose e non mi sembra che siamo falliti. L’Argentina non decise di svalutare, fu costretta a sganciarsi dal dollaro perchè ormai aveva fatto praticamente default. La nuova moneta sta oscillando sul mercato, e siccome il paese era tecnicamente fallito e non ha tuttora grandi risorse, l’inflazione non riesce a fermarsi. Questo è quello che succederà a noi SE rimaniamo nell’euro e saremo poi in futuro costretti ad uscirne per FORZA con un paese allo sfascio. Anche per la Grecia uscire dall’euro significherebbe finire come l’Argentina adesso, visto che oramai è un paese distrutto. Eppure sarebbe meglio, visto che sono quasi tutti disoccupati e ci sono 2 suicidi al giorno. Oppure pensa sia meglio così? Infine, una eventuale uscita dall’euro non si deve per forza fare dall’oggi al domani. Si può e si deve introdurre un periodo di doppia circolazione, evitando la corsa alle banche. In fondo l’euro è una moneta straniera: la stampa una banca che è emanazione della Bundesbank e persino le banconote sono di loro proprietà! Quindi potremmo tenerci i risparmi in euro ed introdurre la nuova lira gradualmente, ad esempio pagando in lire i dipendenti pubblici. Lo stato potrebbe addirittura tenere riserve in euro! Solo chi detiene debito pubblico verrebbe pesantemente penalizzato. Da qualche parte l’asino 'a da pende, ed io preferisco penda in Germania e Francia che da noi. E Voi che preferite? 



TESTO: Fieramente contrario anche al solo pensiero di una “new lira” si dichiara pure Mario Mantovani, vicepresidente di Manageritalia, una delle principali associazioni dei dirigenti italiani. «Se immaginiamo un addio unilaterale dall’euro, cioè non concordato con l’Unione europea, prenderà corpo il più grande contenzioso della storia: in un Paese dall’infinito numero di leggi, per di più complesse,  i tribunali sarebbero sommersi da uno tsunami di cause intentate da chi intende mantenere il rispetto delle intese commerciali in euro e da chi invece vuol passare alla lira. Siamo la nazione dei contenziosi, non perderemmo certo l’occasione di passare alla storia, anche a costo di bloccare l’economia. Comunque non sono realmente preoccupato, giacchè ritengo che le conseguenze sarebbero talmente catastrofiche che nessuno sano di mente potrà davvero portarci alla rovina uscendo in solitudine dall’euro». 

COMMENTO:
Siamo o no un paese sovrano? Allora che contenzioso ci dovrebbe essere? Le intese commerciali? Vuoi compare nella zona euro? Ti compri gli euro. Vuoi comprare in Italia? ti compri le lire. Ma dove sta la difficoltà? Ma che ora non lo compriamo in dollari il petrolio? C’è stato il contenzioso quando siamo entrati nell’euro? Qualcuno voleva tenere gli accordi commerciali in lire? Avete visto cause essere intentate? Ancora, vogliamo mettere i numeri dietro a questa presunta “catastrofe”? 



TESTO: EXPORT SOTTO TIRO. Gli anti-euro gridano ai quattro venti che, svalutando la propria divisa come negli anni Novanta, l’export tricolore metterebbe il turbo. Ma il 60 per cento del valore dei prodotti italiani, ha calcolato il Centro studi della Confindustria, è composto da materie prime e semilavorati importati. Inoltre, spiega Fabrizio Guelpa, responsabile della ricerca su Industrie e Banche del Servizio studi di Intesa Sanpaolo, «la sensibilità al cambio delle nostre esportazioni si è notevolmente ridotta negli ultimi anni perché si compete sempre di più sulla qualità e l’innovazione dei prodotti e sempre meno sul prezzo». Il deprezzamento della nuova moneta farebbe crescere l’export in misura assai minore di quando c’era la vecchia lira anche se qualche  vantaggino effimero ci sarebbe, inizialmente. Ma durerebbe piuttosto poco e riguarderebbe solo, o quasi, chi all’estero vende ma non si approvvigiona oltre confine. E molte aziende potrebbero puntare tutto sulla svalutazione e rinunciare a spingere sui pedali dell’innovazione e della qualità produttiva, che sono le armi che hanno permesso all’export tricolore di reggere l’urto della recessione. «Senza dimenticare che sarebbero possibili ritorsioni da parte degli altri Paesi, per esempio con l’introduzione dei dazi sulle merci provenienti dall’Italia»,  puntualizza l’esperto di Intesa Sanpaolo. 

COMMENTO:
Secondo questa persona non venderemmo più prodotti Made in Italy se avessero uno sconto del 40%? E’ proprio perché esportiamo qualità e prodotti finiti ad alto valore aggiunto, che ne venderemmo molti di più! Ma vi immaginate la concorrenza dei nostri prodotti verso quelli Francesi o Tedeschi se quelli Italiani costassero il 40% in meno?



TESTO: Non ci potremmo consolare neppure con un’ipotetica autarchia in cucina. «Ogni giorno, per l’Italia girano migliaia di camion che trasportano prodotti alimentari, compresi quelli freschi e freschissimi. Il prezzo del gasolio, penalizzato dalla perdita di valore della lira, potrebbe crescere anche del 40 per cento, incrementando drammaticamente i costi della logistica. 

COMMENTO:
Forse girerebbero meno camion vuoti, chissa’! Forse compreremmo più prodotti locali. Forse andremmo ad elettricita' e GPL. Comunque sia, l'aumento del gasolio sara' una conseguenza sono d'accordo, ma non è affatto plausibile calcolare un rincaro pari alla svalutazione (40%)! La benzina inoltre e' sempre aumentata in Italia dagli anni '70 e non mi sembra che non ci siano piu' auto e camion in circolazione. Non andammo in crisi neanche quando ci fu lo shock petrolifero ed i prezzi aumentarono di 4 volte.



TESTO: Negozi e supermercati sarebbero costretti obtorto collo ad aumentare sensibilmente i prezzi e si scatenerebbe un’inflazione galoppante», sostiene Santambrogio di Interdis. Una svalutazione del 35 per cento, secondo il manager milanese, finirebbe per ricadere sugli scontrini con aumenti almeno del 15 per cento: «E siccome nella distribuzione già oggi la concorrenza è spietata e ci si fa la guerra sui centesimi, tanti negozi e supermercatini sarebbero destinati a fallire». Una prospettiva tragica, considerando che economisti non certo inclini alle “sparate” clamorose, immaginano che la svalutazione possa risultare anche molto più elevata. L’ex docente della Bocconi, Guido Tabellini, non si stupirebbe di vederla superare il 50 per cento. 

COMMENTO:
I prezzi dei prodotti alimentari negli ultimi 5 anni sono già scesi del 30% in media. Ed io non ho visto nessun supermercato chiudere… E poi la situazione sarebbe uguale per tutti. E poi i “supermercatini” stanno già chiudendo, o non lo abbiamo ancora notato? Al professore della Bocconi, rispondo dicendo che nel ’92 dopo la svalutazione l’inflazione diminui… Magari può spiegarci perché non è arrivata al 50%? 



TESTO: Di errore drammatico, parlando di divorzio dall’euro propedeutico a una ripresa della competitività italiana, parla Alberto Baban, imprenditore veneziano e presidente dei “piccoli” di Confindustria. «L’aumento di competitività ottenuto con la svalutazione è un’illusione, gli effetti positivi sarebbero effimeri e di breve durata. Il rublo ha perso in breve tempo il 25 per cento del suo valore: quali vantaggi ha provocato? Ai russi, nessuno, anzi. Acquistano meno prodotti in dollari e in euro e in estate viaggeranno meno all’estero per turismo, danneggiando quindi anche l’industria dell’ospitalità italiana. Se davvero dovessimo uscire dall’euro, in ogni caso, smetto di fare l’imprenditore e mi metto a fare il consulente». 

COMMENTO:
Tutte le superpotenze economiche del mondo hanno svalutato, e non mi sembra siano fallite. Se leggete il mio post, provate a spiegarmi questo fenomeno di svalutazione-non-seguito-da-catastrofe. Con altri FATTI, per favore, non altre chiacchiere. Poi andate a fare un giro in Russia, come me. Scoprirete che i Russi hanno una cosa: il gas. Anzi due, il gas e il ghiaccio in Siberia. E’ chiaro che se siamo in recessione e le materie prime scendono di prezzo per calo di domanda, chi produce materie prime ne risente. Il 25% di svalutazione del rublo è dovuto proprio a questo, la gente fugge da un’economia che in futuro non brillerà. La stessa economia che andò alla grande quando le materie prime erano sul massimo storico. Se qualcuno smettesse di fare l’imprenditore non ci sono problemi, ci sono io ed una fila di persone che sono pronte a fare da rimpiazzo. Come consulenti bisogna stare attenti dopo aver detto certe cose: se l’Italia non fallisce, sara' difficile trovare clienti… 



TESTO: TASSI FUORI CONTROLLO. L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, in un’intervista a “Repubblica”, ha definito folle l’idea di uscire dall’euro, sottolineando che, dal giorno dopo, i Btp varrebbero il 40 per cento in meno mentre i tassi d’interesse potrebbero schizzare al 30 per cento. «Sarebbe un vero harakiri, farlo ora che abbiamo i rendimenti dei titoli di Stato ai minimi storici», è il grido d’allarme di Giulio Casuccio, capo del reddito fisso della società di gestione Fondaco Sgr. «L’attuale rating dell’Italia è BBB-, e paghiamo interessi assai bassi su Bot e Btp. Turchia e Filippine, che hanno il nostro stesso rating, già oggi sborsano 2-3 punti percentuali in più. A bocce ferme, potremmo allinearci a questi due paesi, ma inizialmente i rendimenti dei titoli di Stato italiano schizzerebbero in alto». E prevedendo una situazione del genere, Claudia Vacanti, responsabile investimenti di Banca Generali, si augura di «aver venduto tutti i titoli italiani un minuto prima dell’uscita dall’euro. E dopo? Rientreremmo sui Btp e torneremmo a investire sulle tante aziende dell’eccellenza italiana, sperando che il governo non perda il controllo della leva fiscale e non faccia continuare a salire il rapporto tra deficit e Pil». Anche chi, nel proprio business, potrebbe trarre vantaggio dalla situazione, preferirebbe che l’Italia restasse nell’euro. È il caso di Gabriele Vedani, general manager per l’Italia della londinese Fxcm, big del brokeraggio sulle valute: «Con la nuova lira il mercato dei cambi sarebbe molto più volatile, e per noi più si va sulle montagne russe e meglio vanno gli affari. Con i tassi in salita, però, in Italia crescerebbe il costo del debito per lo Stato, le aziende e le famiglie, innescando una spirale molto pericolosa per l’intero Paese». I titoli emessi dal Tesoro, dovendo offrire remunerazioni ben superiori alle attuali, si tradurrebbero, secondo Guelpa di Intesa Sanpaolo, «in un costo aggiuntivo della spesa per interessi di almeno 30-40 miliardi di euro, cioè dieci volte il peso dell’Imu sulla prima casa. Quindi, inevitabilmente, il ritorno alla lira provocherebbe notevoli svantaggi fiscali agli italiani».

COMMENTO:
Scusate, questo Prodi? Ma ci prendete davvero in giro allora! Grazie anche per aver scoperto l’acqua calda! I titoli di stato si comporterebbero come gli immobili perdendo di valore, lo sappiamo bene. Non è per questo che ci stiamo beccando l’austerity, per permettere alle banche estere di ridarceli e non subire perdite quando comunque saremo costretti ad uscire dalla zona euro? Gli interessi si svaluterebbero a loro volta, e la Banca d’Italia potrebbe fare il compratore di ultima istanza sui titoli. 2-3 punti percentuali non mi sembrano una follia, di fronte alla prospettiva di una maggiore crescita. 



TESTO: CAPITALI IN FUGA. Più tasse, mutui alle stelle, case che perdono di valore, fallimenti e maggiore disoccupazione: davvero un bel risultato. Alessandro Carretta, che insegna Economia degli intermediari finanziari a Tor Vergata ed è il segretario generale di Assifact, l’associazione italiana per il factoring, sottolinea che, dall’euro, non si può peraltro uscire girando un interruttore. «Si può facilmente  immaginare quanti quattrini gli italiani cercherebbero di portare all’estero per mettersi al riparo dalla svalutazione della loro futura moneta. Per evitare la fuga, il governo dovrebbe introdurre delle limitazioni ai movimenti di capitale, e potrebbe non bastare, perché tanta gente sarebbe tentata di cucirsi i risparmi nei pantaloni per passare il confine alla chetichella. A quel punto, si dovrebbero porre dei limiti pure ai prelievi dai conti bancari, consentendoli solo se accuratamente motivati».  In parole povere, secondo il professore dell’università romana, si creerebbe un incredibile effetto-panico.

COMMENTO:
Sono d’accordo, se, come detto prima, si cambiasse dall’oggi al domani. Con una doppia circolazione invece, questo non accadrebbe, perchè chi ha euro potrebbe convertirli in lire ad un tasso vantaggioso dopo la svalutazione. Inoltre, io non ho visto le persone normali portare le lire all’estero quando all’esordio l’euro si svalutò del 20%. Chi in Italia ci vuole vivere non scapperebbe da nessuna parte. 



CONCLUSIONI:
Ho già spiegato che l'euro è una moneta per ricchi, quindi è chiaro che chi fa affari in questo regime che costringe le persone alla fame, fa si che il lavoro costi sempre meno, e che i capitali si spostino dove meglio possono rendere con facilità, non voglia un cambio. Ma non venite a prenderci in giro dicendo che sarebbe una catastrofe per noi, gente normale, che vuole lavorare e vivere con dignita'.

Ve la do io una ricetta per la ripresa, posso?

Rimanendo con l'euro, come minimo rivalutazione del cambio ex-lira/euro e introduzione degli Eurobond.

Abbandonando l'euro
  1. Svalutazione e pacco a chi detiene titoli di stato Italiani, con un pizzico di gioia se è una banca Francese o Tedesca
  2. Con quelle risorse, via 10 punti di tassazione
  3. IVA al 8% e 16%
  4. Via tutte le tasse sulle transazioni finanziarie, come in Svizzera
 Poi vediamo se il paese non si riprende o non attira capitali.

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